Riportiamo questa lettera arrivata alla nostra casella di posta elettronica:
Ci
avete mai fatto caso? La vita non è un film; la vita è diversa da
una commediola americana semplice e leggera, di quelle che decidi di
andare a vedere al volo in una pigra serata di fine agosto. No,
tranquilli, non vi attacco il solito pippone su quanto ogni giorno
sia duro, imprevedibile bla bla bla... Mi limito a farvi notare un
particolare. Avete presente al cinema, quando il nostro eroe dopo
un’ora e mezzo di lotta riesce finalmente a sconfiggere il cattivo
di turno? Bene. Cosa succede al cattivone? Le cose sono due; o muore
- il più delle volte pistola in mano - facendo smorfie orribili, o
ritorna. E quando ritorna lo fa inevitabilmente in un altro film che
ti tocca andare a vedere anche se sai che farà pena. Lo squalo 2, 3,
4 (che ce l’hanno tutti con la famiglia Brody) , L’enigmista,
Nightmare, sono tutti esempi di cattivoni che tornano o si riciclano.
Ecco, il Gioco del Ponte visto da Sud non è una manifestazione
storica; è una saga cinematografica. E delle più amare per giunta.
La
trama è semplice. È come Guerre Stellari. Solo che qui Han Solo e
Chewbecca stanno tutto il tempo a litigare per chi deve guidare
l’astronave, Luke Skywalker non sa di quanti centimetri si deve fa
le zeppe laser, e la Principessa Leila urla per tutto il
tempo“bastardi pezzi di m***a”a chiunque passi sotto il suo
balcone. In questo film le emozioni non mancano. Non ci si annoia di
certo, anzi. Ma è un film senza lieto fine .Qui la Morte Nera non
esplode mai, e il lato oscuro regna sovrano. Nessuna festa al chiaro
di luna, nessun gioioso ballo collettivo in Piazza XX settembre.
In
queste prime sere fresche di fine estate mi è capitato spesso di
ripensare alla notte del 25 giugno 2011; che notte. Passi una vita a
chiederti come sarà, come esulterai quando sarà finalmente il
momento, che poi quando il momento arriva davvero rimani lì fermo,
travolto dagli eventi, e non ti accorgi di quel che sta succedendo.
Oppure, cosa ben peggiore, ti rovini la felicità pensando a chi
avresti voluto incontrare, con chi ti saresti voluto misurare
incrociando finalmente le spade da favorito, e altre cavolate del
genere. Vabbe’, pazienza. Cosa ti aspetti poi? Il cattivo è stato
sconfitto; tornerà? Forse, ma ci metterà un po’ di tempo per
riorganizzarsi, spiazzato com’è dal crollare delle sue
convinzioni. E invece questi tornano, e tornano pure più incavolati
di prima. Cambio di inquadratura, rientrano in scena. Neppure il
tempo di finire i pop-corn che sono già lì a minacciarti, ad
inseguirti, a prenderti a calci. Anche perché tu nel frattempo
cos’hai fatto? Nulla. Hai buttato al vento i pochi germogli d’unità
e hai oltretutto intrapreso il sentiero più pericoloso, quello
dell’arroganza e della superbia. Ti avvicini tracotante allo
scontro, pieno di una fiducia fragilissima, credendo di avere davanti
i poveri resti dell’avversario insuperabile di un tempo. E così
perdi. Perdi e riperdi. Alimenti le loro convinzioni e le tue
insicurezze, i tuoi dubbi. Riesci solo a farti del male, ed in questo
sei il numero uno indiscusso.
Mezzogiorno
è così: un mazzo con poche rose e tante spine. Una famiglia senza
genitori in cui i bambini crescono viziati. Mezzogiorno è un’idea
sì, ma un’idea che pochi hanno in mente e che molti pretendono di
sfruttare. Questi ultimi mesi, questi giorni, sono il manifesto
stesso dell’ “australità”: si fa un gran parlare, si scrivono
cose, sussurrano nomi, mormorano critiche. C’è un gran confusione,
ma non succede niente. Tutti chiacchierano, ma nessuno vuole prendere
la parola. Le polemiche per il cambio di sponda di alcuni di qua e di
altri di là fanno solo da cornice alla questione più importante:
quella di un comando che tarda ad arrivare. Un comando che non c’è,
che potrebbe esserci se solo mettessimo tutti da parte rancori vecchi
e nuovi e stupide antipatie. Basterebbe fermarsi, guardarsi negli
occhi, e dirsi “Ragazzi, ma che stiamo facendo?”. Come se la
responsabilità fosse solo un onere e non un onore. Guidare la Parte
(p maiuscola nonostante tutto), accompagnare gli uomini sul ponte a
riprendersi ciò che spetta loro, per togliere a quelli di là la
convinzione che quella notte meravigliosa di due anni fa sia stata
solo una parentesi dettata dal caso, un’illusione. Ci ha fatto
vincere il comune, dicono. Lo hanno fatto per pietà, per rianimare
un po’ il Gioco, dicono. Be’ io non voglio crederci.
Abbandoniamo illusioni ed incertezze. Dimostriamo a loro ma prima di
tutto a noi stessi che possiamo lavorare uniti per un nuovo sogno.
Ultra dimidium.
Firmato : Uno con il sole nel Cuore
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