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mercoledì 18 settembre 2013

Crocevia della Parte


Riportiamo questa lettera arrivata alla nostra casella di posta elettronica:

Ci avete mai fatto caso? La vita non è un film; la vita è diversa da una commediola americana semplice e leggera, di quelle che decidi di andare a vedere al volo in una pigra serata di fine agosto. No, tranquilli, non vi attacco il solito pippone su quanto ogni giorno sia duro, imprevedibile bla bla bla... Mi limito a farvi notare un particolare. Avete presente al cinema, quando il nostro eroe dopo un’ora e mezzo di lotta riesce finalmente a sconfiggere il cattivo di turno? Bene. Cosa succede al cattivone? Le cose sono due; o muore - il più delle volte pistola in mano - facendo smorfie orribili, o ritorna. E quando ritorna lo fa inevitabilmente in un altro film che ti tocca andare a vedere anche se sai che farà pena. Lo squalo 2, 3, 4 (che ce l’hanno tutti con la famiglia Brody) , L’enigmista, Nightmare, sono tutti esempi di cattivoni che tornano o si riciclano. Ecco, il Gioco del Ponte visto da Sud non è una manifestazione storica; è una saga cinematografica. E delle più amare per giunta.
La trama è semplice. È come Guerre Stellari. Solo che qui Han Solo e Chewbecca stanno tutto il tempo a litigare per chi deve guidare l’astronave, Luke Skywalker non sa di quanti centimetri si deve fa le zeppe laser, e la Principessa Leila urla per tutto il tempo“bastardi pezzi di m***a”a chiunque passi sotto il suo balcone. In questo film le emozioni non mancano. Non ci si annoia di certo, anzi. Ma è un film senza lieto fine .Qui  la Morte Nera non esplode mai, e il lato oscuro regna sovrano. Nessuna festa al chiaro di luna, nessun gioioso ballo collettivo in Piazza XX settembre.
In queste prime sere fresche di fine estate mi è capitato spesso di ripensare alla notte del 25 giugno 2011; che notte. Passi una vita a chiederti come sarà, come esulterai quando sarà finalmente il momento, che poi quando il momento arriva davvero rimani lì fermo, travolto dagli eventi, e non ti accorgi di quel che sta succedendo. Oppure, cosa ben peggiore, ti rovini la felicità pensando a chi avresti voluto incontrare, con chi ti saresti voluto misurare incrociando finalmente le spade da favorito, e altre cavolate del genere. Vabbe’, pazienza. Cosa ti aspetti poi? Il cattivo è stato sconfitto; tornerà? Forse, ma ci metterà un po’ di tempo per riorganizzarsi, spiazzato com’è dal crollare delle sue convinzioni. E invece questi tornano, e tornano pure più incavolati di prima. Cambio di inquadratura, rientrano in scena. Neppure il tempo di finire i pop-corn che sono già lì a minacciarti, ad inseguirti, a prenderti a calci. Anche perché tu nel frattempo cos’hai fatto? Nulla. Hai buttato al vento i pochi germogli d’unità e hai oltretutto intrapreso il sentiero più pericoloso, quello dell’arroganza e della superbia. Ti avvicini tracotante allo scontro, pieno di una fiducia fragilissima, credendo di avere davanti i poveri resti dell’avversario insuperabile di un tempo. E così perdi. Perdi e riperdi. Alimenti le loro convinzioni e le tue insicurezze, i tuoi dubbi. Riesci solo a farti del male, ed in questo sei il numero uno indiscusso.
Mezzogiorno è così: un mazzo con poche rose e tante spine. Una famiglia senza genitori in cui i bambini crescono viziati. Mezzogiorno è un’idea sì, ma un’idea che pochi hanno in mente e che molti pretendono di sfruttare. Questi ultimi mesi, questi giorni, sono il manifesto stesso dell’ “australità”: si fa un gran parlare, si scrivono cose, sussurrano nomi, mormorano critiche. C’è un gran confusione, ma non succede niente. Tutti chiacchierano, ma nessuno vuole prendere la parola. Le polemiche per il cambio di sponda di alcuni di qua e di altri di là fanno solo da cornice alla questione più importante: quella di un comando che tarda ad arrivare. Un comando che non c’è, che potrebbe esserci se solo mettessimo tutti da parte rancori vecchi e nuovi e stupide antipatie. Basterebbe fermarsi, guardarsi negli occhi, e dirsi “Ragazzi, ma che stiamo facendo?”. Come se la responsabilità fosse solo un onere e non un onore. Guidare la Parte (p maiuscola nonostante tutto), accompagnare gli uomini sul ponte a riprendersi ciò che spetta loro, per togliere a quelli di là la convinzione che quella notte meravigliosa di due anni fa sia stata solo una parentesi dettata dal caso, un’illusione. Ci ha fatto vincere il comune, dicono. Lo hanno fatto per pietà, per rianimare un po’ il Gioco, dicono. Be’ io non voglio crederci. Abbandoniamo illusioni ed incertezze. Dimostriamo a loro ma prima di tutto a noi stessi che possiamo lavorare uniti per un nuovo sogno. Ultra dimidium.
Firmato : Uno con il sole nel Cuore 




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